Alias Amelia Valli, nata a Milano nel 1906 e morta nel 1993. Prese attivamente parte alla Resistenza.Uscita dal carcere in Svizzera, dove era stata rinchiusa per 4 mesi, raggiunse i partigiani in Val d’Ossola. Fu la prima donna in Italia a ricoprire un incarico governativo nella piccola, ma straordinaria “Repubblica partigiana” dell’Ossola. Responsabile dei “Gruppi di difesa della donna” venne chiamata all’incarico di Commissario all’assistenza e ai rapporti con le organizzazioni di massa. Al ritorno dei nazifascisti fu l’unica componente della Giunta a non riparare in Svizzera. Dopo un’epica ed estenuante marcia, raggiunse infatti le formazioni garibaldine della Valsesia e con esse, tra il dicembre 1944 e l’aprile del ‘45 continuò la lotta.
Profilo completo
Nata a Milano il 3 aprile 1906, di famiglia borghese, perse la madre a soli quattro anni e crebbe con la nonna paterna, la sorella e il padre Renato, commerciante, che volle per lei un’educazione laica e liberale. Conseguì il diploma al Conservatorio e insegnò storia della musica e pianoforte. Già durante il periodo degli studi coltivò importanti amicizie in ambiente antifascista, avviandosi alla militanza politica che divenne definitiva dopo il delitto Matteotti nel 1924. Espatriata in Svizzera, a Lugano, per poter lavorare, iniziò a portare in Italia materiale clandestino prodotto dagli esuli antifascisti. Seguirono anni difficili. Si sposò con Gianni Todaro da cui ebbe la figlia Valeria. Rimase presto vedova, mentre la crisi del ’29 mise sul lastrico il padre. Ricercata dalla polizia politica, fu così costretta a lasciare la famiglia e a ritornare in Svizzera dove rimase dal 1938 al 1943. Nel 1934 aderì al movimento di Giustizia e Libertà, per entrare due anni dopo nel Partito socialista. Alla fine del 1941 si avvicinò al Partito comunista, che riteneva più deciso e organizzato nella lotta al fascismo, e l’anno successivo vi si iscrisse divenendo subito segretaria di sezione. Le sue doti di straordinaria organizzatrice e la sua dedizione alla causa, ne fecero presto un punto di riferimento importante sia tra i fuoriusciti che tra gli antifascisti in Italia. Dopo l’armistizio, alla fine del ’43 tornò così in Italia svolgendo un delicato ruolo di collegamento e sostegno alla nascente resistenza, trasportando documenti e soldi. Durante uno di questi viaggi fu fermata dalla polizia svizzera e, trovata, senza documenti, fu rinchiusa in carcere per quattro mesi. Mentre era in prigione venne abbandonata dal secondo marito, Vittorio Della Porta, un medico, conosciuto anch’egli tra i fuoriusciti nella Confederazione.
Uscita dal carcere raggiunse i partigiani in Val d’Ossola dove visse da protagonista la stagione più importante della sua vita. Fu infatti la prima donna in Italia, tra le tante che parteciparono alla Resistenza, a ricoprire un incarico governativo nella piccola , ma straordinaria “Repubblica partigiana” dell’Ossola tra il settembre e l’ottobre 1944.
Responsabile dei “Gruppi di difesa della donna” venne chiamata all’incarico di Commissario all’assistenza e ai rapporti con le organizzazioni di massa nel Governo Provvisorio costituitosi nel capoluogo ossolano. Il suo contributo ai famosi “quaranta giorni” di libertà fu enorme, sì che di lei l’intera valle conserva un ricordo quasi mitico. Certo ne divenne un simbolo, anche perchè al ritorno dei nazifascisti fu l’unica componente della Giunta a non riparare in Svizzera. Dopo un’epica ed estenuante marcia, raggiunse infatti le formazioni garibaldine della Valsesia e con esse, tra il dicembre 1944 e l’aprile del ‘45 continuò la lotta. Proprio in quel periodo venne inviata a Novara come Presidente del Comitato per l’Organizzazione delle Donne. A febbraio fu nominata Presidente del CLN provinciale e in tale veste trattò la resa dei nazifascisti nei giorni dell’insurrezione generale. Per quel ruolo ebbe a dire: “Il CLN di Novara nominò la sottoscritta suo Presidente non in quanto appartenente a un partito, ma in quanto donna, perché rappresentava e il coraggio e la partecipazione di migliaia di donne italiane”.
Alla fine del conflitto, nel 1946 fu nominata componente la Consulta Nazionale e, successivamente, venne eletta deputata al Parlamento per il collegio di Novara-Torino-Vercelli, sia nel 1948 che nel 1953.
Nel 1958 non si ricandidò, ma continuò la sua azione politica come membro della Federazione del Pci di Novara e come consigliera comunale sia a Novara che a Domodossola.
Dal 1959 al 1963 fu membro della segreteria della Federazione Internazionale della Donna a Berlino e nel 1965 divenne dirigente dell’Udi e dell’Anpi. Dal 1963 al 1968 è stata anche consigliera comunale a Milano.
Non smise mai di lottare e impegnarsi per i diritti delle donne sino alla morte giunta improvvisa, per arresto cardiaco nel 1993.